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Titel
Fare il Ticino. Economia e società tra Otto e Novecento


Autor(en)
Martinetti, Orazio
Erschienen
Locarno 2013: Armando Dadò Editore
Anzahl Seiten
171 S.
Preis
URL
Rezensiert für infoclio.ch und H-Soz-Kult von:
Luigi Lorenzetti

Il recente volume di Orazio Martinetti ritorna su un tema più volte affrontato dalla storia ticinese, ovvero l’edificazione di un cantone che al momento della sua nascita è generalmente descritto come un’entità parcellizzata, frastagliata e in buona misura disarticolata nelle sue componenti, economiche, sociali, politiche, istituzionali e territoriali. Pur prendendo le mossa dagli anni che seguono la Mediazione napoleonica e dai primi titubanti passi del neocostituito cantone, l’attenzione dell’autore si focalizza soprattutto sugli anni a cavallo tra Otto e Novecento quando la linea ferroviaria del San Gottardo dà forma al definitivo inserimento del Ticino nella realtà economica e sociale nazionale. In tale prospettiva, dalla pagine di Martinetti traspaiono in filigrana le interpretazioni di altri autori – Bruno Caizzi, Tazio Bottinelli, Angelo Rossi, Remigio Ratti – che hanno più volte sottolineato l’importanza della ferrovia per la costruzione della traiettoria economica del cantone e per l’edificazione della sua identità regionale. Ma proprio rispetto a tale lettura, le analisi di Martinetti appaiono, in alcuni loro aspetti (forse anche a causa di una bibliografia non sempre puntuale), non prive di elementi problematici.

Il volume si dipana lungo quattro capitoli che, pur nella loro eterogeneità tematica e prospettica, cercano di ricostruire il clima sociale e economico di un’epoca che coagula attorno alla ferrovia le principali speranze di progresso economico e sociale del paese. Così, dopo aver tratteggiato attraverso una serie di esempi e di indicatori le persistenti divisioni e i ritardi di un cantone ancora segnato da una radicata ruralità e dai freni dell’isolamento economico e culturale, l’autore si sofferma sulle figure di Franscini e Cattaneo e sul loro ruolo nella rottura delle inerzie e dei ritardi presenti nel paesaggio politico e socioeconomico locale. Gli ultimi due capitoli – cuore del volume – rievocano invece l’impresa economico-finanziaria della costruzione della ferrovia, vera e propria “colonna vertebrale” del cantone, e i sussulti sociali legati al difficile clima economico e politico degli anni della Prima guerra mondiale.

Così costruita, l’architettura del volume appare contrassegnata da una certa artificiosità e da una serie di accostamenti che ne riducono la coerenza. A tratti, nel corso dei vari capitoli, la trama devia verso aspetti – ad esempio la sociologia scolastica del secondo dopoguerra (pp. 54-55) o l’anemia dei minatori del S. Gottardo (pp. 101- 104) –, che appaiono sconnessi rispetto alla focale del volume e di cui non sempre se ne coglie la pertinenza.

Momento rilevante del quadro interpretativo generale del volume, la costruzione della linea ferroviaria da Chiasso al Gottardo rappresenta certamente un elemento di svolta per il cantone. Martinetti ne sottolinea le ripercussioni economiche e sociali che possono essere riassunte nell’avvicinamento del Ticino ai processi di modernizzazione in atto alle sue porte. Sebbene l’autore riconosca che le speranze di sviluppo non siano state interamente esaudite, la Gotthardbahn si delinea in definitiva come la “traghettatrice” del Ticino da cantone povero e marginale a cantone in grado di abbozzare una reale unificazione interna e i primi passi verso la modernizzazione economica. Tale lettura non è però priva di ambiguità. Infatti, individuare la ferrovia quale fattore decisivo nella costruzione del cantone, significa fare della polarizzazione e della gerarchizzazione del territorio degli elementi di coesione e di unità interna. Ma in Ticino, proprio gli anni che seguono il completamento della linea ferroviaria sono contrassegnati da un’accentuazione delle ineguaglianze di ordine economico e sociale che non mancano di incidere proprio sulla sua coesione territoriale. In altre parole, lungi dall’essere unicamente un fattore di integrazione e di livellamento economico e territoriale, l’asse ferroviario del Gottardo, è anche all’origine di nuove marginalità (in parte attenuate dalla realizzazione della rete delle ferrovie regionali) e di nuove esclusioni economiche e sociali. Si pensi alla valle di Blenio che, privata del tracciato ferroviario transalpino, si trova ad affrontare una situazione di marginalità che ne condiziona fortemente il percorso economico fino ai giorni nostri.

Infine, se la ferrovia ha certamente rappresentato un momento importante nella costruzione dell’attuale struttura territoriale del cantone, non va dimenticato che i passi più significativi sul piano dell’edificazione della sua identità statuale sono compiuti già durante la prima metà del secolo. Basti ricordare l’adozione di svariati strumenti quali il Codice Penale (1817), il Codice civile (1837), la scuola pubblica, il sistema fiscale e l’amministrazione cantonale composta da funzionari dipartimentali, commissari di governo, giudici di pace, medici condotti, ecc., che, attraverso la loro azione, promuovono l’integrazione della vita sociale dei ticinesi e la costruzione del cantone.

In definitiva, il volume di Martinetti ha certamente il merito di porre in rilievo un momento di svolta per la storia del Ticino. Nel contempo però, il suo sguardo rischia di ridurre la costruzione del cantone a una mera questione infrastrutturale e di dipingere la formazione di un territorio come un processo più o meno lineare (ancorché segnato da rallentamenti e interruzioni). Ma come hanno evidenziato diverse indagini condotte negli ultimi anni, il cantone preferroviario (e per molti aspetti anche le terre sudalpine dell’epoca balivale) non era solo un agglomerato di cellule divise sul piano geopolitico. Esso era percorso da diffuse reti sociali e economiche che disegnavano un’integrazione, certo non segnata dalle relazioni quotidiane del pendolarismo urbano contemporaneo, ma da rapporti di interessi che si estendevano ben oltre i confini comunitari e sui quali la nuova territorialità della ferrovia si è sovrapposta, senza però soffocarne istantaneamente le dinamiche.

Zitierweise:
Luigi Lorenzetti: Recensione di: Orazio Martinetti: Fare il Ticino. Economia e società tra Otto e Novecento, Locarno, Dadò, 2013. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, Vol. 155, pagine 169-170.

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Zuerst veröffentlicht in

Archivio Storico Ticinese, Vol. 155, pagine 169-170.

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